Monthly Archives: Gennaio 2011

L’importanza del giornalismo

Ti ricordi quando piovevano cani dai tetti dei circoli anarchici a cui c’eravamo affezionati. I punkabbestia hanno sempre avuto un rapporto strano con il mondo animale, chissà se prima o poi ne faranno una puntata su discovery channel, magari ci intervistano. Quando leggerai il nome dei miei più meno vent’anni  sul giornale on line dove si muore di freddo e non è un modo di dire, in cui si brucia, in cui si vota(no), che trema, altra giornata di lotta, studenti dicono contro contro anche se noi vogliamo andare un po’ più in là. chissà se un po’ mi penserai e ogni volta che qui succederà qualcosa di brutto magari per un nano secondo… e se fosse successo a lei? Chissà se mi pensi. Chissà se quando sfiori qualcosa o qualcuno ti chiedi se sono io. O vorresti che fossi io. Ti faccio squillare il telefono per non farti dimenticare i miei occhi. Dicono che sono grandi ma a me non è mai sembrato. Cerchiamo un ristorante messicano per ballare sui tavoli e far impazzire i camerieri e dopo che ci saremo divertiti abbastanza diremo che era un performance politica solidale contro lo sfruttamento del folklore oltreoceano occidentalizzato e quindi viva la rivoluzione messicana tunisina giapponese caraibica valtellinese interplanetaria lunare. Il medioriente, si mi sono innamorata. Le biciclette fanno l’amore in piazza verdi. E non so che dire mi manca il fiato…


Sveglia con fuso orario

il sangue tunisino ha un retrogusto strano. Mica te lo scordi. Dentro avevamo un tremore inquietante, nello stomaco un po’ di dolore un po’ di eccitazione questo mediterraneo che bolle cristo ma che cazzo? E credici un’ altro po’. Poi saremo a beirut o in giordania ad ankara a baalbeck in una casa che arrederemo con mobili che avremo sempre e solo per qualche anno. La sera faremo gli intellettuali fra di noi. Un parte del mondo sotto luoghi comuni e devianze storiche, spolvereremo pian piano questa montagna di merda. Con un pennellino. Perché ci vuole il posto giusto che sia la chiave di tutto. Vinceremo intifada questa volta va bene tunis horra un altro cazzo di minuto resistete resistiamo cazzo quanto fa male. I pregiudizi da abbattere con l’esercito delle tasse universitarie. Poi saremo grandi sul vero mediterraneo e ancora ci spereremo ci spareremo ci spargeremo di queste lacrime convinte e incazzate oggi lo ricorderanno in molti. Avevamo ventitreanni tu ti stiravi le camicie rubavi internazionale volevamo fare la rivoluzione ma mi hanno fottuto la bici. Faremo l’amore con gli affitti faremo l’amore con i nostri sogni che dipingiamo di concretezza. Ce la faremo. Qualcosa la faremo. Ricordati di dire a tua mamma che non ti spareranno. Nei nostri domani deserto, piatti da lavare per concerti da collezionare e un dizionario arabo-inglese come se la lingua fosse unica compatta tranquilla. Ci addormentiamo felici. Ci addormentiamo facendo finta di non svegliarci.


B…aciami O…ra

La finestra spalancata sul tuo volto. Ogni mattina. Per svegliarmi come si deve  anche se mi dici non c’è fretta  che mi devo rilassare. Non posso stare troppo senza toccarti sfiorarti respirarti e farmi massacrare la pelle del volto dai tuoi modi a volte bruschi come la neve negli occhi, come la nebbia da sniffare. Guardami dai. non mi chiedere perché piango. Buongiorno amore mio, oggi ti porto il caffè a letto che è l’unica cosa che ho da offrirti. Buongiorno anche se i tuoi grazie arrivano tardi inaspettati, solo ogni tanto. E stanotte sarai ancora più atroce senza chiedere ne scusa ne per favore ti fiondi su di me incurante dei passanti incurante dei rischi delle tue mani freddissime. Dai, avvicinati …un altro po’.


bc

Buchi, dislivelli, passeggini, collaborazionisti del consumismo natalizio, automobili, sbirri del traffico, gradini improbabili, quello che si veste come un autonomo, quella tipa che non c’ha un cazzo da fare, oh cazzo macchina, camion, bus, navetta, tram, vecchietta, motorino, altra bici ma che guardi? Ah ok. era un sorriso. ponte, treno, levati che non c’ho freni, levati. Inventare piste ciclabili per sopravvivenze inaspettate. Come fanno i miei piedini a fare tutto questo rumore? Non pensavo di poter essere così legale nello spostarmi senza manco un furto senza manco un contributo alla micro criminalità. Le mie solitudini condivise un po’ snob. Le porte qui le incrocio io. Un campanellino part-time. I mattoncini rossi nascondono la notte che mi sembra desolata questa città sembra sempre avere la stessa ora, poi mentre si discuteva di gru impopolari quelle che stanno ancora più a nord guardavo un pezzettino di cielo in un inaspettato momento tranquillo, una stella cadente metropolitana mi scombinava i capelli, ormai diversi. Dicevamo che qui stelle non ce n’erano. Dicevamo di non avere più sogni irreali. Dicevamo chi sa quando. Le bici stortissime che vibrano ai 180 mila km orari e inaspettatamente vanno dritte. Poi un euro che pesa quanto un macigno quanto l’unico bicchiere di vino di ogni sera di via paolo fabbri di via da qui se non ci sei. E natale non mi sfiora. E il caffè finisce sempre come lo zucchero come la simpatia per la coop con i suoi commessi frichettoni ed un eticità da più spendi più sei buono. Come i nostri occhi sconvolti. Tranne i piatti e gli affitti, quelli non finiscono mai. Anche se è un furto anche se stasera lo diciamo a tutti. Con il centro blindato con lo shopping alleato di ogni male per cui ci copriamo il volto. Che poi non c’è così freddo e magari per le vacanze mi vieni a trovare. Anche se io in vacanza non vado mai. Sarà un anno e mezzo che non mi riposo. Adesso piano piano piano ancora piano: ghiaccio zero io uno. Lo spazzaneve ci porterà via un giorno o l’altro e non ce ne accorgeremo, lo sai si? E tu continui a disegnare sui muri la tua disperazione la tua ansia intercontinentale che mi sembri via zamboni il ventinove di dicembre e io continuo a dirti che se è illegale è più bello.