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Separare il tuorlo dall’albume

Quando tutto sembra finito arriva il momento dello zucchero a velo. Come se si guardasse una bimba appena nata si butta l’occhio sulla creatura, speriamo dolce, per portare una nevicata con un po’ di cautela e po’ d’orgoglio. In mezzo ad una cucina piena di impasto ovunque dalle sedie alle pareti e io con il compito difficile di togliermi di dosso avanzi vari di ingredienti fiduciosi. Crema pasticcera nei capelli,, cioccolato sulle orecchie che sentono ancora il campanello del forno come quando si torna da una seratina leggera a ventimilamilioni di bpm a volume indecifrabile. Le scaglie di mandorle ovunque seminate per ogni angolo in ogni fessura. Marmellate nelle ginocchia: ancora da decifrare. Il succo di limone sotto le unghie con i polpastrelli un po’ ammaccati traumi e conseguenze del grattugiare uno o due… Fruste stanchissime ancora poco comprensive del montaggio a neve che tanto finisce tutto sotto il loro moto. Si gioca tutto lì. Pazienza, calma, attenzione. Non si mischia niente a caso. Stessi ingredienti risultati diversi. L’impasto prevede ogni muscolo nervo energie che si possano trasmettere dai polmoni al torace dalle spalle ai polsi fino alle dita, finché non si aspetta l’effetto del lievito per svegliarsi. Ingegno maestoso per lievitare come si comanda nelle case più fredde di tutta la bassa. Eppur sale! (in tutti i sensi! Ovviamente q.b.!). e poi mi siedo, finalmente, la schiena che si lagna, mi tolgo la maglietta mentre passa sul volto un odore dolcissimo che mamma direbbe sta passando un angelo.