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Figlia

Mi sarebbe piaciuto essere una figlia come Chicchi. Lei alla mamma diceva tutto, i nomi dei compagni di classe, i pettegolezzi tra i compagni di classe, che cosa faceva il sabato sera. Si sentivano al telefono in continuazione, e se Chicchi diceva “sono con tale” la mamma capiva subito chi era “Tale”, non faceva mica come la mia che esco con le stesse persone da vent’anni e ogni tanto mi fa “ah perché si è trasferita anche lei a Bologna?”. La mamma diceva a Chicchi che era necessario dirsi tutto che erano come amiche e sarebbero state sempre insieme. Poi Chicchi ha capito che l’università di lingue non era il massimo e che per diventare una maestra bisognava andare a Cagliari, 300 km più o meno, tre ore di macchina o due ore e mezzo in treno quando metteranno il treno nuovo, quello veloce. Per ora ce ne vogliono cinque. La mamma di Chicchi non la prese benissimo. Mi stai tradendo le diceva e nel mentre Chicchi cresceva, per fortuna è partita, ora è una maestra e dice che vuole almeno tre figli. Chicchi a quasi trent’anni era ancora vergine, nonostante i miliardi di ragazzi con cui è uscita, perché è iper simpatica, ha due tettone bellissime, dei ricci infiniti, e piaceva praticamente a tutti. Scartando quell’ovvia kilata di uomo medio ti offro da bere fammi vedere un capezzolo, Chicchi di ragazzi carini, seri e rispettosi ne ha conosciuti. Non ne andava nessuno, una specie di maledizione. La mamma era sempre informata su tutto, pomiciate occasionali e pianti strazianti, nonostante il treno veloce non fosse ancora arrivato. Un giorno mi ha detto che alla mamma aveva smesso di dirle un sacco di cose e che sabato sarebbe uscita con uno, ma che la mamma avrebbe saputo che era in giro con me e che forse mi avrebbe chiamata, c’era da reggere il gioco. Chicchi alla fine ha scopato, quando fa l’amore gode un sacco, anche se a lei piace narrarsi come zitella in attesa del velo bianco. La mamma s’arrangia tra un marito odiato e mai sbattuto fuori di casa e il suo orto meraviglioso che ha regalato cesti di ciliege a tutto il quartiere. Chicchi ancora non mette le scollature e si preoccupa ancora tanto dei pregiudizi degli altri, poi arrivo io con i discorsi sulle sovrastrutture culturali per dirle alla fine che sei lei ne può sorridere va benissimo e che se ne ha bisogno a difenderla ci penso io, ma se la cava alla grande. Ogni tanto mi dice vorrei avere una mamma come la tua, che non si è mai ricordata la sezione della mia classe del liceo ma che una sera mi disse “guarda che lo so che hai iniziato a strombazzare, quindi se vuoi i soldi per i preservativi te li do, e poi dobbiamo andare dal ginecologo, ah e poi io sono per la convivenza guai a te se ti sposi!”