Tag Archives: caffè

É capitato

Ciao, come va, è molto che non ci sentiamo. Si a parte l’altra volta che ci siamo incrociate sotto casa, e quella volta alla festa della tua amica, e ieri alla cena sociale, si no in effetti forse non è così tanto. Però ecco ti volevo dire, così en passant, senza peso, che mi è capitato di pensarti, così, mi sembrava carino dirtelo, perché ero in libreria, proprio quella in zona universitaria, che è una delle tue preferite e c’era questo libro che parlava di bologna, come se fosse una favola, ma che non finisce bene, e mi ha fatto venire in mente i tuoi discorsi che vivere qui sembra fantastico ma in realtà il malumore, l’ansia, l’apatia, ci mangiano. Aveva la copertina viola, pensavo, magari le piace. Era tutto scritto a piccoli capitoli, e tu dicevi spesso che se tutti i libri fossero così non ci sarebbe la crisi dell’editoria e di quelli che si laureano in lettere. Poi uscita da lì ho preso il caffè al bar, e anche lì ti ho pensato, così un pensiero leggero, perché il caffè al bar fa una sega a quello a casa, e pensavo all’ultima volta che io volevo fartelo, sempre a casa, credendo fosse un gesto carino, e tu hai dedicato 15 minuti a spiegarmi che il bar ha il suo valore, ancora. Scadevi nell’eticismo, se ti avessi lasciato parlare qualche secondo in più. Poi c’era lo zucchero di canna. È vero tutti ormai sono consapevoli della questione zucchero di canna, ma tu mi sembravi un po’ più decisa di tutte e tutti in questo, quindi ti ho ripensata. Ma è capitato così per caso, come l’altra sera che ho visto una ragazzina che staccava la locandina di un concerto e diceva che ne faceva collezione e pensavo a quando tutti i tuoi rotoli di locandine ci sono cascati in testa, una di quelle poche volte passate in casa. Non sia mai fermarci un momento per non so, una tisana, sempre di corsa, stare sul pezzo. Una chiacchiera inutile? no. Ecco quel pomeriggio non facevo proprio niente, e pensavo che non avevo l’ansia che tu hai sempre avuto per i tempi morti, e quindi mi sei venuta in mente. Ma così è capitato, senza impegno. Tu per fortuna, per come sei, probabilmente, non mi pensi mai, o sei bravissima nell’evitarlo.


Al di sopra dei nostri mezzi

Le patatine fritte e il caffè dell’autogrill. Ogni volta che rido di te o con te ho questi sapori in bocca. Sarà per la regola generale per cui non si va in gita senza fermarsi a prendere il caffè, o per quella sana abitudine che vuole le patatine alla fine di ogni pasto. Non per essere punk ad ogni costo, ma per aver le idee chiare almeno sul cibo. No expo e no veg fino alla vittoria. Fuori da Bologna, nella tempesta di zanzare della bassa il caffè a me piace sempre. Anche nelle altre direzioni, ma un po’ meno. Corteo, corteo con scontri, fiume, museo, mostra, festival, visita agli amici, visita medica, lauree, presentazione di, dibattiti su, in macchina, in pullman. Passare oltre le colonne d’Ercole rende il caffè necessario e gustosissimo. L’Esselunga di Santa Viola, Il Lunetta Gamberini, l’Ippodromo, il bar Ciccio, il sottopassaggio di via Zanardi, il nuovo Lazzaretto dove è già campagna con i techno party e i girasoli lunghissimi. Tra la tangenziale e la ferrovia. Ecco, lì basta pochissimo, un qualsiasi barettino, se sporco meglio, per farmi felice. Ci sarebbe da metter in conto alla felicità anche le volte che hai dimenticato il libro, la giacca, lo zaino, le chiavi, il portafoglio, il cellulare, il motivo per cui salivamo in macchina. Il rifiuto inconscio della materialità. E fra tutti quei caselli o ci vantiamo o ci lamentiamo. In mezzo piazza verdi pulita, che è un po’ il compromesso a cui vorremo arrivare, essere felici della nostra irrequietudine e godere senza strazi di tutto quello che c’è in più di quel che ci meritiamo, come le patatine dopo il kebab.