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Periferia sud e poco più in là

Ti ho chiamato l’altra sera, mi hai mandato un messaggio ora non posso rispondere la solita giornata di merda. Sarà la terza quarta volta che ho pensato di scopare con te, in questo ripetersi millenario di sogni sempre uguali, mi andava di dirtelo, senza sentire la risposta, giusto per non raccontarci sempre le stesse cose, come il lavoro e l’attesa delle vacanze e della pensione. A Bologna le sette del mattino sono sempre uguali come la strada al contrario, i vestiti pieni di fumo, le orecchie sotto cassa, o le scarpe per andare a lavorare. Ti regalerei una gita sotto i portici, fino alla periferia, quelle senza studenti fuori sede e stanze umide da 400 euro, per farti vedere la scritta sul muro di piazza Belluno “Al Savena non si arriva resiste Bologna”. Alle scuole aperte con la neve, al contratto che sta per scadere, agli ascensori con gli specchi rotti, alle tue telefonate scarse, alle morti per overdose, ai figli non voluti. Forse ne vale la pena, invece, per la tazzina sempre pulita che io non la lavo mai, o per quella volta che ci siamo incontrati dopo anni, senza avvisarci, e sembrava ci fossimo messi d’accordo anni prima. Poi tornando a casa, piangevo un po’, t’immaginavo felice, lontanissimo da me. Cantavo le nostre canzoni, che ci vorrebbe un secolo a spiegarle. Spero tu sia felice, che mangi bene, che hai i soldi per i concerti, e che fumi poco.