Pi per trentotto

Esproprio gastronomico: riscaldare cucchiaini e affogarsi di luna. La fame di lontananza ci divora in nascondigli troppo ovvi dove perdere cellulari e telefonate che non si vogliono sentire che non si vogliono scoprire. Poi toccherà a noi in autogrill fatiscenti gestiti da licantropi in via d’estinzione e segretari ammaccati. Non trovateci più. Annegare in autostrade con carrozze maschili che aumentano le statistiche di morti da vacanza famigliare che partono nelle ore giuste per non trovare traffico tutti insieme. Erano le donne a non saper guidare sono molto machi i condottieri nelle loro esibizioni a trecentomila chilometri di depressione e stupri da cose che capitano. Non tornare non tornare non guardare indietro per non correre troppo veloce. E se vengono a prenderci faremo l’autostop a cani randagi per farci raccontare le storie di quando tutto era campagna. L’ironia l’ironia l’ironia morta spiaccicata in qualche  televisore con troppe gambe, troppe. E poi quella dei blog . Crepare in questo niente.  Volevamo solo un po’ di burro. Condito con del sole. Le nostre cenerentole rivoluzionarie che lottano contro la prigionia del lavoro domestico fanno saltare in aria i cavalli dei principi di fronte a castelli nobiliari. Principe azzurro vai a fare in culo dai loro vestiti catarifrangenti. Ci pensiamo noi a mettervi i cerotti sulle ginocchia e ad augurarvi la buona notte  a cantare la ninna nanna alle vostre colazioni pomeridiane che siete stanche con le ciglia sempre curvate. Ci pensiamo noi ad arrenderci un po’ alla volta e piangere per poi ricominciare in dolori da far deviare. Quante lacrime soffochiamo da quante lacrime ci facciamo abbracciare. Le uniche piitrentotto che ci sono rimaste sono delle lunghissime bilabiali ma vogliamo solo un po’ di burro per favore. Corrompiamo i medici per cancellare le malattie delle nostre lingue ingiallite. Per i nostri giorni andati a male non c’è altro da fare che farci male.        

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