Illusioni di tramonti estivi da riformulare

Neanche una poesia di qualche intellettuale sconosciuto che mi consoli. O dei versi in francese da leggere a voce alta, di quelli che distruggono la lingua che ti fanno piangere perché  avevi tempo  voglia o bisogno. Pensando che con qualche lacrima si risolva tutto, un pedaggio da pagare per errori che difficilmente si cancellano e tornano tornano tornano. Ma il collage continua, in rime banali quanto le nostre vite e vite stonate  da poesie anti-lessico. Vivere a metà tra sogni scritti mali e in fretta e sofferti manco fossimo in galera, tra rassegnazioni ai tumori della prevenzione tra rivoluzioni e mestruazioni invocate. Confusioni di mondi. E di affetti. Io son ciò che scrivo o ciò che scrivo è me? O mi faccio scrivendo o il scrivendo si fa me? Insomma è sempre la solita storia: chi si fa chi? Che banalità sintetiche. In questi circhi con finale già raccontato, in prosa o in doglie che differenza fa, saluto la solitudine di chi consola e per favore ora urla  quei versi polacchi trovati per caso sconosciuti anche al caso.

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