La colazione al bar

I dati istat parlano solo di me e di te. Non risultano le infinite lamentele e le tue risate dolcissime che disegnano un adagiarsi alla vita poco scelta. Come mi sorridi tu a raccontare le nostre inesattezze. Svegliarsi: abbiamo sbagliato tutto e tutto il giorno a creare i nostri piccoli profondi mondi senza rimborso spese. Mi lamenterò tantissimo anche stasera. Ci sono abituato. Eppure c’eravamo preparati a tutta questa ansia e insoddisfazioni laceranti.  Leggiamo tanto, anche le riviste. Non ci salverà niente. Occupazioni spregevoli: non interessa a nessuno se all’esame di metodologia hai imbrogliato. Non saremo mai delle belle persone, solo sopravissuti a tutti questi volti soddisfatti con le giacche di velluto e stage infiniti gratuiti: che fa bene al curriculum morire sorridendo.

 Disperati sempre schiavi mai.

Il caffè al bar. Lontano da migliaia di coinquiline giovani, belle e con tanti bei scopi nella vita salvare il mondo o rendere felice qualche amica. Colazioni felici: almeno una gioia, che ti costa?
Cerchiamo di vestirci bene e non dare a vedere troppo che in fondo va bene così, per lo meno una volta alla settimana ogni due. Annoiarci ci viene male, sopravvivere è il problema. Superflui. La ricerca costante e indesiderata di trovare la risposta a “ e tu cosa fai?”. Scaffali di supermercati, biblioteche, giardini pubblici, centri sociali, file al cinema, agenzie del lavoro, bagni pubblici: noi non ci siamo. Se non in una versione incompatibile con tutto ciò che è fuori di noi. Almeno non avremo mai il tempo di farci venire in mente la folle idea di raccontare ad alta voce quando e come ci divertiamo quasi a rivendicare la ridicola appartenenza ai sabato sera, ai giovani che in fondo non si arrendono, all’ottimismo e a tutte le persone simpaticissime che con la solita faccia di culo sorridono a chiunque. E tutti a chiederti come stai. E tutti a sbatterci fuori:  mai la risposta giusta. I lavori di merda: ricordati di esserne grata. Vomitiamo nei giorni feriali, nascosti dietro cataste di sogni infranti e ghigni mai stanchi. Il nostro sport preferito: vantarci in silenzio di cose poco interessanti. Volevamo scrivere, parlare di più. Contribuire al dibattito. Il dibattito, lo adoriamo. Inutile come noi. Per niente attraente. Manca solo la nostra disperazione. Neanche più le forze di parlare d’amore prima di dire, bene ora sono stanca. Di prendere baci e carezze in scorta per le prossime guerre. Con poche armi non violente, un po’ di spavalderia, e un sacco di citazioni poco famose, di quelle che possiamo anche non ricordare bene. Adesso una camomilla che fa passare ogni male. Vieni da me non c’è umidità, o soffitti troppo alti a ricordarti che ci sono anche cose belle in questa città con nebbia intransigente e topi giganti: vieni da me, c’è pure la radio.


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